Denuncia della violenza sugli animali o soltanto una gratuita esibizione di crudeltà? E’ il fulcro su cui verte la disputa che, a Torino, divide animalisti e organizzatori della mostra “Le ali di Dio”, dell’artista algerino Adel Abdessemed.
Adel Abdessemed lascia l’Algeria dopo il colpo di stato militare del ’92 e si trasferisce a Lione. Oggi vive e lavora a New York. L’artista nelle sue opere si sofferma su temi quali razzismo e sessualità, crudeltà dell’uomo verso gli animali, handicap e nazionalismi, trattando ogni tema in maniera esplicita, cruda e provocatoria.
Per il momento, l’inaugurazione della mostra è saltata per scongiurare polemiche o azioni eclatanti da parte degli animalisti, la cui presenza alla vernice era stata annunciata. Le opere di Abdessemed, dicevo, sono caratterizzate da messaggi forti, scioccanti. In particolare, la mostra che avrebbe dovuto avere il via alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo comprendeva sei video, intitolati Don’t trust me, che mostrano animali colpiti a morte con martellate sulla testa (si tratta di una pratica barbara ancora diffusa nelle campagne messicane).
In attesa che la mostra venga aperta, l’obiettivo è quello di placare le polemiche. Dovrebbe svolgersi a breve un incontro tra associazioni animaliste e fondazione per trovare un punto d’incontro.
“L’artista è un individuo maturo e responsabile e non si diverte a giocare. Vedrete lavori che trattano l’animalità e il potere bestiale e io non conosco un’opera d’arte che non possa anche essere violenta”, ha commentato Abdessemed.