Grazie a un’iniziativa del FAI Giovani – Modena, siamo riusciti a incontrare l’artista bolognese Flavio Favelli nella sua casa-studio di Savigno, sul primo appennino bolognese. Laureato in Storia Orientale, concentra la sua ricerca artistica sugli anni ‘ 70 italiani, tornando indietro con la memoria al suo vissuto di quegli anni. Cornici importanti, porcellane, bibite, neon, carte geografiche, francobolli e poster sono solo alcuni degli elementi con cui ama comporre le sue opere.
Nel laboratorio sotto casa e nel grande capannone-laboratorio ci si deve destreggiare tra una moltitudini di materiali, oggetti, opere compiute e work in progress. Nella solitudine e nella pace, fuori dalla città, Favelli si circonda degli oggetti che gli ricordano un’epoca cara e ne trae ispiazione per le sue composizioni. Legno, carta, vetro, metallo si mescolano per riportare in vita l’immaginario borghese dell’infanzia dell’artista.
E così succede che delle luminarie di legno rovinate si uniscano in un lampadario con pezzi di vetro soffiato di murano (dove la funzione di illuminare è meramente secondaria, perché non si tratta di design), che un set di porcellane inglesi bianche e blu di fattura cinese formino una matriosca sezionata, che migliaia di francobolli colorati o carte di caramella compongano affascinanti cartine geografiche, oppure che insegne al neon di hotel falliti si fondano con cancellate di metallo.
Bon ton, esotico, pop, erotico. Sono molte le sfaccettature di questo imaginario borghese. C’è posto infatti anche per Sandokan, popolarissimo personaggio televisivo, e per i poster dei cinema hard, con cui Favelli compone interessanti collage.
L’interesse per gli oggetti d’epoca, di recupero e fuori produzione è evidente nelle sue opere (tra tutte spiccano le monumentali installazioni di legno) così come nelle vaste collezioni di Fanta in bottiglia, Martini, Champagne e di molti altri oggetti domestici dal sapore retrò.
Ma il progetto di recupero più curioso è senza dubbio quello del celebre spremiagrumi Alessi. Un ragno, un razzo, un oggetto che ha segnato il design italiano e che è riuscito ad arrivare al successo anche all’estero. Se qui è stato venerato come complemento d’arredo, però, i consumatori americani – pragmaticamente – ne hanno voluto testare la funzione.
E’ successo così che molti pezzi, logorati dalla pressione della spremitura abbiano perso una gamba e siano tornati alla casa madre. Favelli, durante una visita alla fabbrica, ha avuto l’idea di dare nuova vita a questi utensili da cucina inservibili, mettendo una protesi artistica ad alcuni esemplari.
Incrociamo le dita per la prossima buona riuscita del progetto di redesign della sua casa-studio di Savigno e ringraziamo l’artista per l’ospitalità.