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Gli Dei dello stadio vestono Warhol. E vincono

di mariagiovanna 14 ottobre 2008

Signore e signori (ma soprattutto signore), è uscito il 25 settembre scorso Dieux du stade (Dei dello stadio), il calendario dei rugbysti francesi giunto alla nona edizione. Il grande fotografo di moda Peter Lindberg firma trentanove scatti in bianco e nero in cui i giocatori d’Oltralpe appaiono come mamma li ha fatti.

Quest’anno a conquistare la copertina è stato Sergio Parisse, scultoreo italo-argentino di 25 anni, terza linea e capitano della Nazionale Italiana Rugby nell’Rbs 6 Nazioni 2008. Con addosso solo la palla ovale, i rugbysti stanno benissimo. Un concentrato di muscoli e potenza che farà lustrare gli occhi al pubblico femminile e provare una fitta di invidia ai maschietti. Ma anche in tenuta sportiva gli dei dello stadio fanno la loro figura. Soprattutto se la divisa è firmata da Andy Warhol, geniale re della pop art. L’idea delle maglie artistiche è di Max Guazzini, il patron dello Stade Français, squadra di rubgy parigina al vertice del top 14 francese.

Coloratissime, le maglie raffigurano Bianca di Castiglia, regina di Francia bella e saggia celebrata come santa il 2 dicembre pur senza mai essere stata beatificata. Lo Stade Français, capitanato da Parisse, ha esibito la nuova mise sabato 11 ottobre (primo turno di Heineken Cup) contro l’Ulster. Belli sì, firmati anche, ma soprattutto bravi: il match si è concluso 26 a 10 per i parigini, che mai prima d’ora avevano potuto festeggiare una vittoria sul campo irlandese di Ravenhill. Piccola nota scaramantica: che il connubio della palla ovale con l’arte di Warhol abbia portato bene allo Stade Français?

Nel dubbio, proporrei alle squadre italiane di adeguarsi. Per esempio, sfoggiando una divisa con giudizio universale di Michelangelo (anche lì c’è gente senza veli). O una bella maglia con taglio alla Fontana (con intrigante vedo-non vedo sui muscoli addominali). O ancora un De Chirico, per far precipitare gli avversari in un micidiale trip metafisico…

Piccola nota semiseria: bellissima l’idea delle divise pop. E se servono a diffondere cultura e sportività, ben vengano iniziative di questo tipo. Purché i calendari e il marketing, anche in tempo di crisi, non confondano le idee su cosa è lo sport e su cosa è l’arte. Che l’arte potesse essere consumata come un qualsiasi prodotto commerciale era solo una provocazione di Warhol. E i giocatori, prima che bellocci da calendario, sono rugbysti, che vuol dire rappresentanti di un nobile sport. A ciascuno il suo!

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